Simon Crook
Rintanati in una baita isolata, Mia (Levy) e i suoi amici fanno una strana scoperta in cantina. Si tratta di Naturon Demonto, Il Libro dei Morti. Ora i demoni locali sono liberi e quel famigerato capanno degli attrezzi sta per dare il via a un’avventura…
Non aprite quella porta. Amityville. Venerdì 13. Nightmare – Dal profondo della notte. L’ultima casa a sinistra. Sputerò sulla tua tomba. Le colline hanno gli occhi. Halloween. Otto titoli. Quiz a sorpresa: a) hai pensato all’originale? O b) hai pensato al remake? Se hai risposto a), non siamo del tutto sorpresi. Se hai risposto b), hai diretto Sputerò sulla tua tomba e devi ricominciare da capo. Il progetto di riciclo horror di Hollywood ha prodotto in gran parte un’enorme quantità di androidi: controfigure tecnicamente superiori ma senza vita. Questo remake di La casa, uno degli ultimi titoli dell’era video a essere rimasterizzato, è diretto da un regista inesperto e vanta un cast semi-noto, ma si guadagna più consensi della maggior parte. I Deadites Sam Raimi e Bruce Campbell stanno producendo, praticamente sotto controllo qualità.
Evil Dead 2.0 è un remake bizzarro. Non è un sequel, né un reboot, né una rivisitazione, ma un episodio. In un trionfo pedante di scenografie identikit, ci troviamo di nuovo nella stessa baita, nella stessa cantina, nello stesso temuto capanno degli attrezzi. Non solo c’è un’inquietante sensazione di déjà vu: l’idea qui è che le avventure di Ash sembrino solo un altro sanguinoso capitolo del Libro dei Morti (ora stampato su amianto ignifugo). Lo scenario non è cambiato, le vittime sì; anzi, la dinamica di gruppo è più netta di quella dei polli slasher senza testa andati in vacanza per sbaglio.
La logica non è mai stata uno dei punti forti di La Casa, ma questo fa un certo sforzo per giustificare la permanenza del gruppo nella baracca dell’inferno: supportata dal fratello David (Shiloh Fernadez), Mia (Jane Levy) è in un centro di riabilitazione e i suoi amici non la lasciano andare finché non si sarà ripresa a urlare. Il film accarezza persino l’idea che questo potrebbe essere un episodio psicotico: uno del gruppo ha una storia familiare di schizofrenia, un altro potrebbe essere affetto da una forma di astinenza ultraviolenta. L’ambiguità non dura a lungo: il concetto viene gettato nel bosco come una falsa pista. Dal momento in cui i cinque dannati arrivano, l’occhio di Fede Alvarez è puntato sulla sparachiodi. E, a dire il vero, anche il tuo.
Evitando la computer grafica, la decisione di tornare alla vecchia scuola è senza dubbio la mossa più brillante di La Casa. Una volta scatenato l’inferno, l’effetto è come guidare in un autolavaggio pieno di sangue. Rivelare le routine di un film splatter sembra un po’ meschino, come se ne stessi rivelando le battute (c’è un motivo per cui gli effetti visivi si chiamano “gag”). Vi lasciamo scoprire da soli le sue delizie da leccarsi le dita, ma stranamente, il film ce l’ha particolarmente con le armi: pugnalato, affettato, tagliato, morso. (Potrebbe essere un omaggio alla gag di Hemingway di Evil Dead 2. O forse Alvarez detesta le armi.) In termini di impatto viscerale, gli shock splatty non sono certo rivoluzionari o (sussurratelo) spaventosissimi, ma il climax di orgasmo gore multiplo fa davvero impallidire il massacro di plastilina dell’originale.
Eppure, c’è una gigantesca motosega che scricchiola nella stanza e che non può essere ignorata. Ash, interpretato da Bruce Campbell, era parte integrante de La Casa tanto quanto il sangue che cola dall’acqua. Alvarez aggira completamente la questione rifiutandosi di schierarsi con un eroe chiaro. Il depistaggio ti tiene sulle spine: il prezzo da pagare è un focus drammatico più sfumato e personaggi più snelli, mai così evidenti come nella bionda usa e getta interpretata da Elizabeth Blackmore, un ruolo così sguaiato che prende vita solo da morta. (Del cast, la povera Lou Taylor Pucci ne esce peggio, ridotta alla fine dalla squadra degli effetti speciali a una bambola voodoo gigante.)
A parte l’elegante demon-cam e qualche ammiccamento visivo, Alvarez evita di scimmiottare Raimi, rubando frammenti di J-horror (i Dead ora eseguono la routine del torcicollo di The Ring) e del primo Cronenberg (parassiti dell’horror corporeo, più un vomito da rivaleggiare con il vomito a goccia di Brundlefly). Alvarez prende in prestito con entusiasmo, ma si avverte che la voce non è ancora del tutto formata. Lo si percepisce persino nella colonna sonora indecisa: fantastica quando si inceppa e si frantuma alla Bernard Herrmann, sconcertante quando si trasforma in James Horner, troppo lussureggiante e sentimentale, più adatta a un mite dramma di pesca a mosca che a un film splatter.
Il punto debole del film è il senso dell’umorismo. In questo senso, La Casa si inserisce perfettamente nei remake recenti: è così terrorizzato dall’essere kitsch che ne compensa eccessivamente lo stile malinconico, cattivo e portentoso, aleggiando cupamente anche durante i suoi scherzi da festa. Si potrebbe sostenere che, dato che Raimi aveva già rifatto La Casa con La Casa 2, far rivivere la sua follia da cartone animato gore sia controproducente. Questo remake è in gran parte un prodotto dell’era dei gamberi torturati, ma deve essere così duro? Lasceremo l’ultima parola a Mia. “Promettete che rimarrete fino alla fine”, implora nelle scene iniziali. Se vi sentite coraggiosi, cogliete l’occasione: rimanete in attesa dopo i titoli di coda e potreste rimanere sorpresi…
Preparatevi a una sorpresa: un remake horror che, al suo meglio, riesce a catturare la cattiveria hardcore dell’originale. Tuttavia, potrebbe certamente ridere un po’ di più di se stesso.