John Hammond
Quando un giocattolo suona il tamburo della morte
Dal racconto di Stephen King al cinema splatter-comico di Osgood Perkins: il ritorno del terrore (e del sangue) in formato giocattolo.
Chi ha detto che i giocattoli servono solo a far divertire i bambini? Alcuni, a quanto pare, servono per evocare la morte. E The Monkey, nuovo adattamento tratto da un racconto breve di Stephen King, ce lo ricorda con clangore: non più piatti da battere, ma un tamburo demoniaco che suona quando è il momento di morire. Letteralmente.
Pubblicato per la prima volta nel 1980 su Gallery Magazine e poi incluso nella raccolta Scheletri (Skeleton Crew, 1985), The Monkey è uno dei racconti meno noti ma più inquietanti del Re. La storia ruota attorno a un giocattolo – una scimmia a carica con un ghigno famelico – che preannuncia la morte battendo i suoi piatti. Un oggetto piccolo, sì, ma carico di un male puro e primordiale.
Nel 2024, il regista Osgood Perkins – già autore del disturbante Longlegs – decide di riprendere il racconto e trasformarlo in un film horror… ma con un twist: lo fa diventare una commedia nera splatter. La scelta è audace, ma calzante. Il film abbonda di scene “condite al ketchup”, che ricordano Braindead di Peter Jackson o l’ultima parte di Evil Dead Rise: assurde, sanguinolente, perfino esilaranti. Gli omicidi si susseguono in una catena di eventi tragicomici degna di Final Destination, tra harpoon, tosaerba e persino cavalli selvaggi che calpestano campeggiatori ignari (“una torta di ciliegie in un sacco a pelo”, dice un testimone, sconvolto).
Ma dietro la facciata splatter, Perkins mantiene il cuore della storia. Hal e Bill, gemelli interpretati da Christian Convery da piccoli e Theo James e co. da adulti, scoprono il macabro giocattolo tra gli oggetti raccolti dal padre viaggiatore. Ogni volta che il tamburo suona, qualcuno muore. Quando da adulti si ritrovano a fronteggiare di nuovo la scimmia, la posta in gioco è ancora più alta. Come in It, l’orrore ritorna, e Hal si ritrova a combattere non solo un mostro, ma i fantasmi dell’infanzia.
Il film gioca anche con un altro classico: La zampa di scimmia di W.W. Jacobs, dove ogni desiderio ha un prezzo. Hal prova a usare il giocattolo per far del male a qualcuno… ma la scimmia non prende ordini. Decide lei chi deve morire. E quando. E con quanto sangue.
Lo stile visivo di Perkins resta impeccabile: composizioni fredde, inquadrature precise, atmosfera ovattata che contrasta volutamente con le esplosioni di violenza slapstick. Forse proprio qui risiede l’unico difetto: il film a tratti è troppo controllato per il delirio che racconta. Alcune trovate sembrano frenate dalla regia elegante, e si sente la mancanza di quella follia visiva che avrebbe fatto esplodere tutto.
Ma il risultato finale resta godibile, soprattutto per chi ama l’horror che osa cambiare pelle. The Monkey non è il racconto più noto di King, né il film più profondo di Perkins. Ma è un’opera sincera, grottesca, e divertente. E alla fine, come dice Hal a suo figlio: “Tutti muoiono, è la vita”. E qualche volta, per affrontare la morte, non resta che riderci su.
Osgood Robert “Oz” Perkins II, nato il 2 febbraio 1974 a New York, è un regista e sceneggiatore statunitense noto per il suo contributo al genere horror contemporaneo. Figlio dell’attore Anthony Perkins e della fotografa Berry Berenson, Oz ha iniziato la sua carriera come attore, interpretando il giovane Norman Bates in Psycho II (1983), ruolo reso celebre dal padre nel film originale di Alfred Hitchcock
Dopo diverse apparizioni in film come Legally Blonde (2001) e Secretary (2002), Perkins ha fatto il suo debutto alla regia con The Blackcoat’s Daughter (2015), un horror psicologico che ha ricevuto consensi per la sua atmosfera inquietante e la narrazione non lineare. Ha continuato con I Am the Pretty Thing That Lives in the House (2016), un film gotico che esplora temi di isolamento e morte, e Gretel & Hansel (2020), una rivisitazione oscura della fiaba classica
Nel 2024, Perkins ha diretto Longlegs, un thriller horror con Nicolas Cage, seguito da The Monkey (2025), adattamento di un racconto di Stephen King, e Keeper (2025), confermando la sua predilezione per storie che combinano elementi soprannaturali con profonde esplorazioni psicologiche.
Lo stile di Perkins è spesso associato al “prestige horror”, un sottogenere che privilegia l’atmosfera e la profondità tematica rispetto agli spaventi tradizionali. Le sue opere si distinguono per una regia elegante, un uso sapiente del silenzio e una narrazione che invita alla riflessione, posizionandolo tra i registi più interessanti del panorama horror moderno.