Tra i manoscritti medievali giunti fino a noi, nessuno eguaglia in fascino oscuro, imponenza e mistero il Codex Gigas, noto anche come la “Bibbia del Diavolo”. Alto quasi un metro, spesso venti centimetri, pesante oltre settanta chili, il Codex è il più grande manoscritto medievale conosciuto, ma ciò che davvero lo rende unico è la sua aura leggendaria: un intero tomo scritto — secondo la leggenda — in una sola notte da un monaco dannato, con l’aiuto del Diavolo in persona.
Più che un libro, è un enigma in pergamena: teologico, cabalistico, artistico, maledetto. Un’opera che sembra voler contenere il mondo intero, con Dio e Satana chiusi tra la stessa copertina
Il Codex Gigas, oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Svezia a Stoccolma, fu realizzato attorno all’anno 1229, probabilmente nel monastero benedettino di Podlažice, in Boemia (attuale Repubblica Ceca). Il manoscritto comprende:
- L’intera Bibbia Vulgata in latino, dall’Antico al Nuovo Testamento,
- I testi di Flavio Giuseppe, Isidoro di Siviglia, Trattati di medicina e incantesimi, un calendario, formule esorcistiche, cronache locali,
- E soprattutto: un’intera pagina raffigurante il Diavolo a figura intera, spaventoso e solenne, con corna, lingua biforcuta, artigli, mani alzate.
Una visione inquietante, totalmente fuori scala rispetto alla decorazione del resto del libro, come se quella pagina fosse un’interruzione rituale nel flusso sacro del testo.
La leggenda del monaco e il patto infernale
Secondo una tradizione tardomedievale, il Codex sarebbe stato scritto in una sola notte da un monaco condannato all’isolamento perpetuo per un grave crimine (forse apostasia, forse omicidio). Per evitare la pena, il monaco avrebbe promesso di scrivere in un’unica notte il più grande libro della storia, contenente tutto il sapere del mondo.
Realizzando l’impossibilità dell’impresa, chiamò in aiuto il Diavolo e gli offrì la propria anima in cambio del completamento del libro. Il Diavolo accettò, e lasciò la propria immagine come firma, in quella celebre miniatura a pagina intera.
Sebbene leggenda, la suggestione è potente: nessun altro manoscritto medievale contiene una raffigurazione simile, così spudorata, così centrale.
Cosa contiene davvero il Codex Gigas
La sua composizione non è casuale: è un’enciclopedia universale secondo la visione medievale. Al suo interno troviamo:
- La Bibbia completa, in un ordine leggermente diverso da quello canonico.
- Il “Antiquities of the Jews” e “Jewish War” di Flavio Giuseppe, ponte tra religione e storia.
- Le Etymologiae di Isidoro di Siviglia, primo tentativo di enciclopedia medievale.
- Trattati medici, con consigli su emorragie, febbri, epilessia, ed estratti di medicina monastica.
- Formule di esorcismo, riti di protezione contro il demonio e malattie spirituali.
- Un calendario con necrologio e santi, e persino una raffigurazione della Città Celeste in pianta.
In sintesi, un microcosmo scritto, il mondo visto dalla cella di un monaco, dove la salvezza e la dannazione sono equidistanti.
Il Diavolo a tutta pagina: simbologia di un’ossessione
La pagina più inquietante è, senza dubbio, quella del Diavolo. Alta 50 cm, occupa tutto lo spazio, senza contorno di testo.
- La creatura ha due lingue rosse, corna da caprone, un’espressione feroce ma anche ieratica.
- È incorniciato da due torri, simbolo di prigione o potere custodito.
- Le mani alzate possono evocare tanto la benedizione quanto la maledizione.
Perché inserire una tale immagine in un libro sacro? Le ipotesi vanno da un memento spirituale sul Male come realtà presente, a un sigillo rituale per “contenere” il Demonio — o per convocarlo.
Un oggetto carico di inquietudine
- Il Codex fu rubato durante la Guerra dei Trent’Anni dai soldati svedesi e portato a Stoccolma come bottino.
- Per secoli si disse che portasse sfortuna: dove passava, avvenivano incendi, sparizioni, malattie.
- Alcuni lo considerano un grimorio travestito da Bibbia, un contenitore di segreti angelici e infernali codificati.
Nonostante analisi storiche e filologiche, il fascino oscuro del Codex non è mai stato dissolto.
La Bibbia dell’ambivalenza
Il Codex Gigas è un libro-abisso, in cui Dio e Diavolo, cura e dannazione, medicina e magia convivono nella stessa legatura. È il riflesso tangibile della mentalità medievale, dove la salvezza passava anche per la conoscenza del male.
Ma è anche qualcosa di più: una reliquia intellettuale ed esoterica. Un monumento al tentativo umano di scrivere il mondo intero, con tutte le sue ombre.
E ancora oggi, chi osserva quella pagina, con il Diavolo seduto in mezzo al vuoto, non può che sentire il peso di una domanda non detta:
che prezzo ha il sapere assoluto? E chi davvero lo trasmette, quando le parole sono troppe… e il tempo è una sola notte?
Intorno al Codex Gigas si è costruita una vera e propria leggenda nera che lo accompagna fin dal XVII secolo, e che lo ha reso noto non solo come “Bibbia del Diavolo” per i suoi contenuti, ma anche come oggetto maledetto.
Quando, nel 1648, le truppe svedesi saccheggiarono il castello di Praga durante la Guerra dei Trent’Anni, il Codex venne portato via come bottino e trasferito in Svezia. Fu in quel momento che iniziarono a circolare voci secondo cui dovunque il manoscritto venisse trasportato o custodito, seguivano disgrazie inspiegabili.
Tra gli episodi più frequentemente citati:
- Incendi misteriosi: diverse biblioteche e palazzi in cui fu custodito subirono incendi improvvisi; uno dei più noti è quello che colpì la biblioteca reale di Stoccolma nel 1697, costringendo a evacuare d’urgenza molti volumi — tra cui proprio il Codex.
- Malattie improvvise tra i custodi: alcuni monaci e bibliotecari che ebbero il compito di studiarlo o conservarlo sarebbero stati colpiti da malattie fulminanti, secondo resoconti non verificabili ma tramandati oralmente.
- Sparizioni e visioni notturne: c’è chi sostiene che, nel periodo della sua permanenza a Praga, oggetti sparissero misteriosamente, e che figure indistinte apparissero durante la notte nelle celle del monastero, in concomitanza con la lettura del libro.
Sebbene nessuna di queste storie possa essere dimostrata storicamente, il tenore sinistro dell’immaginario medievale e postmedievale ha alimentato la fama del manoscritto come “portatore di sventura”, fino a trasformarlo in un feticcio della superstizione culturale europea.
In effetti, il Codex Gigas, con la sua imponenza fisica, l’alternanza tra sacro e profano e la figura del Diavolo al centro, incarna perfettamente quella zona grigia tra il sapere e il sacrilegio. E come tutti gli oggetti liminali, attira su di sé le proiezioni più oscure di chi lo osserva.