In bilico tra mito e profezia, tra Bibbia e cosmogonia, il Libro di Enoch è uno di quei testi che sembrano provenire da un’altra dimensione della spiritualità antica. Un’opera attribuita al patriarca Enoch, il bisnonno di Noè, che “camminò con Dio e fu portato via”. Un libro escluso dal canone biblico eppure citato nel Nuovo Testamento, studiato da mistici, occultisti, ufologi e teologi come un’opera di potere, scandalo e visione cosmica. È solo un apocrifo marginale o una delle più antiche e straordinarie rivelazioni cosmiche della storia umana?
Chi era Enoch e perché è così importante
Nel Libro della Genesi, Enoch compare in un passo scarno ma folgorante:
“Enoch camminò con Dio, poi scomparve, perché Dio lo prese con sé.” (Genesi 5:24)
Non muore. Ascende. Viene “preso” — o rapito — da Dio. La tradizione ebraica posteriore trasforma questo enigmatico patriarca in un veggente, un profeta, uno scriba celeste, colui che fu condotto nei cieli per vedere e trascrivere i segreti del cosmo, del giudizio e degli angeli caduti. E da questa figura nasce il Libro di Enoch.
Cos’è il Libro di Enoch?
In realtà si tratta di una raccolta di più testi, redatti tra il III secolo a.C. e il I secolo d.C., in lingua aramaica e ge’ez (etiopico), oggi suddivisi in cinque sezioni principali:
- Il Libro dei Vigilanti: racconta la discesa degli angeli sulla Terra, il loro peccato con le figlie degli uomini e la nascita dei Nephilim, i giganti. Tema centrale: la corruzione del creato e il primo “contatto alieno” ante litteram.
- Il Libro delle Parabole: visioni del giudizio finale e la figura del “Figlio dell’Uomo” — una delle prime apparizioni di questo concetto fuori dal contesto evangelico.
- Il Libro Astronomico: un trattato cosmologico e astrologico avanzato, con dettagli sui moti del Sole, della Luna e delle stelle.
- Il Libro dei Sogni: visioni allegoriche della storia umana e del giudizio.
- L’Epistola di Enoch: ammonimenti e profezie sul destino dell’umanità.
Apocrifo per chi? Canone per altri
Il Libro di Enoch non fu incluso nel canone biblico ebraico né in quello cattolico romano, ma è tuttora considerato sacro dalla Chiesa ortodossa etiope, che lo conserva in lingua ge’ez come parte integrante della Bibbia.
Eppure:
- Fu molto influente sul giudaismo apocalittico del Secondo Tempio;
- È citato direttamente nella Lettera di Giuda (versetto 14) nel Nuovo Testamento;
- Era noto ai Padri della Chiesa (Tertulliano ne difendeva l’ispirazione divina).
Il fatto che sia stato escluso è frutto di una selezione teologica e politica, e non di una mancanza di autorevolezza nel mondo antico.
Visioni cosmiche e archetipi moderni
Il Libro di Enoch è molto più che un testo religioso: è una cosmogonia arcaica, un’epopea che fonde mitologia, astronomia, escatologia e teologia angelica. Il suo impatto si ritrova:
- Nella Cabala ebraica, dove Enoch è identificato con l’arcangelo Metatron, lo scriba celeste che assiste Dio nel Trono;
- Nei testi gnostici, dove rappresenta il veggente iniziato per eccellenza;
- Nei movimenti esoterici e teosofici moderni, dove viene visto come testimone di una conoscenza dimenticata;
- Nella cultura ufologica, dove gli angeli vigilanti sono interpretati come entità extraterrestri, e l’ascensione di Enoch come abduction.
I Vigilanti: angeli, dèi o alieni?
Una delle parti più potenti e controverse del testo è il Libro dei Vigilanti, in cui un gruppo di angeli (i Grigori) scende sulla Terra, infrange il comando divino e si unisce con le donne umane, generando i Nephilim, esseri giganti e violenti.
“E videro i figli del cielo le figlie degli uomini, che erano belle, e le presero per sé.”
L’interpretazione classica li legge come angeli ribelli, puniti per aver violato l’ordine divino. Ma alcune correnti alternative vedono in questi esseri visitatori celesti, portatori di sapere proibito: metallurgia, astrologia, medicina, stregoneria. Questo rende il testo una sorta di manuale preistorico della corruzione tecnologica e spirituale.
Il “Figlio dell’Uomo”: una prefigurazione di Cristo?
Nel Libro delle Parabole, compare una figura enigmatica chiamata “Il Figlio dell’Uomo”, descritto come giudice glorioso, preesistente alla creazione, vicino a Dio, destinato a giudicare i re della Terra.
Molti studiosi ritengono che questa figura sia una delle fonti dirette dell’immaginario cristiano sul Messia, anticipando le immagini evangeliche di Gesù come Figlio dell’Uomo glorificato. Una visione giudaica e apocalittica, ripresa e trasfigurata dal cristianesimo nascente.
Perché fu escluso?
Il Libro di Enoch venne probabilmente scartato dai canoni biblici per vari motivi:
- Troppa apertura al mondo angelico e alle entità intermedie (poco compatibile con il monoteismo rigido).
- Componenti astrologiche e cosmologiche percepite come pericolosamente pagane.
- Il rischio che alcune sue parti dessero spazio a interpretazioni eretiche o gnostiche.
In altre parole, era troppo libero, troppo vasto, troppo potentemente visionario per rientrare in un quadro dottrinale ordinato.
Apocrifo per la Chiesa, rivelazione per l’anima
Il Libro di Enoch non è un’opera minore. È un testo fondante, primordiale, potentemente evocativo, che anticipa domande moderne sul cosmo, sull’origine del male, sulla corruzione della conoscenza e sul destino dell’uomo.
Apocrifo, sì — ma nel senso più profondo del termine: nascosto, riservato, da decifrare. Non a caso, fu riscoperto solo nel XVIII secolo, dopo secoli di oblio.
Oggi, come allora, il Libro di Enoch non smette di interrogare. È un vangelo cosmico, un codice da interpretare, una mappa dell’invisibile che forse — proprio perché esclusa — dice qualcosa che altri testi hanno taciuto.