The Ninth Gate è tratto liberamente dal romanzo Il club Dumas di Arturo Pérez-Reverte, e ne conserva lo scheletro investigativo immerso in un’atmosfera cupa e arcana. Polański, con la sua inconfondibile regia, pota via le digressioni letterarie e rafforza il filone esoterico: il risultato è un noir soprannaturale lento, ipnotico, dove la verità si nasconde tra le pagine di libri antichi e sguardi ambigui.

“Il diavolo è un gentiluomo. Ti lascia fare i tuoi errori, poi incassa il conto.”
Dean Corso, La Nona Porta

Dean Corso: il lupo nei corridoi delle biblioteche

Johnny Depp, in una delle sue interpretazioni più misurate e misteriose, veste i panni di Dean Corso, un mercenario del collezionismo librario: cinico, intelligente, affamato di guadagno e immune alla superstizione. Viene ingaggiato dal miliardario Boris Balkan (interpretato con un delizioso ghigno satanico da Frank Langella) per verificare l’autenticità di un tomo rarissimo: Le Nove Porte del Regno delle Ombre, attribuito al leggendario (e leggendariamente maledetto) Aristide Torchia. Si dice che l’opera contenga un rituale per evocare il Diavolo in persona.

La missione si trasforma in un tour europeo da incubo: Parigi, Toledo, Sintra. Corso entra in un mondo fatto di segni, simboli, doppi sensi e morti sospette. Le tre copie del libro si rivelano diverse: solo un’attenta decifrazione delle incisioni può guidarlo verso l’autentica “nona porta”.

Un thriller esoterico dai toni alchemici

Polanski, maestro della paranoia e del disorientamento, costruisce una tensione sottile. Non ci sono jump scare né effetti speciali esuberanti. C’è la sospensione. Il dubbio. Il sospetto che il vero inferno sia interiore, o culturale. Ogni dettaglio è cesellato: il rumore della carta, l’odore immaginario delle biblioteche, le atmosfere ovattate da cui sembra sempre emergere un pericolo antico.

La figura della “ragazza misteriosa” (Emmanuelle Seigner), che guida e protegge Corso, rappresenta una forza arcana, forse il Diavolo stesso, forse la Conoscenza, forse la Tentazione. È ambigua come ogni elemento del film, e come ogni simbolo ben costruito, resta aperta all’interpretazione.

Il sapere è potere, ma anche condanna

Il film si muove sulla sottile linea che separa il collezionismo dalla follia, la conoscenza dal sacrilegio. L’ossessione per i libri antichi diventa un’eco moderna del mito di Faust. Balkan vuole il potere, ma lo cerca nel modo sbagliato: razionalizzando l’ineffabile, controllando l’incontrollabile. E ne pagherà il prezzo. Corso, invece, abbraccia l’ignoto senza cercare di dominarlo: ecco forse perché solo a lui si apre davvero la Nona Porta.

Un film incompreso… e in anticipo sui tempi

All’epoca della sua uscita, La Nona Porta fu accolto con freddezza: troppo lento per i fan del thriller, troppo esoterico per gli amanti del noir classico, troppo cerebrale per gli appassionati di horror. Ma nel tempo ha acquisito lo status di cult. È un film da riscoprire, da rivedere con attenzione, magari con un bicchiere di vino rosso e la pioggia che batte contro i vetri.

La regia raffinata, la colonna sonora ipnotica di Wojciech Kilar, le scenografie d’epoca e l’attenzione maniacale ai dettagli fanno de La Nona Porta un gioiello gotico degno di una biblioteca segreta.

Epilogo: il vero potere è nel significato

Chi cerca nella Nona Porta un horror convenzionale resterà deluso. Ma chi ama i simboli, il mistero, il sapere arcano e il cinema che non dà risposte facili… troverà un’opera raffinata e magnetica. Non un film sul diavolo, ma sul modo in cui lo inseguiamo — o lo evochiamo — cercando risposte dove forse non ce ne sono.

“L’inferno non è un luogo. È una possibilità.”

La Nona Porta vs Il club Dumas: libro e film a confronto

“Un libro è un’arma, Corso. Ma la vera battaglia è quella per l’anima.”

1. Il cuore della trama: esoterismo o metanarrativa?

Il film di Polański concentra tutta la sua struttura attorno alla parte esoterica del romanzo: la ricerca delle tre copie del libro Le Nove Porte del Regno delle Ombre e il tentativo di aprire una porta verso il potere luciferino. La componente “diabolica” viene quindi spinta in primo piano, diventando il fulcro narrativo e l’ossessione centrale.

Il romanzo, invece, presenta una trama più complessa, stratificata e metanarrativa: non è solo la caccia al libro maledetto, ma anche un’investigazione letteraria attorno a un presunto capitolo perduto dei Tre moschettieri di Dumas. Questo doppio filone intreccia il mondo del collezionismo con quello della letteratura popolare, creando un gioco di specchi dove realtà e finzione si confondono. Il tono è più da giallo cerebrale che da thriller occulto.

Polański prende un terzo del romanzo e lo fa diventare l’intero film, tagliando tutto ciò che non riguarda l’occulto. Il romanzo è più una lettera d’amore (e odio) alla letteratura.

2. Dean Corso: detective o burattino consapevole?

Nel romanzo, Corso è un bibliofilo e ricercatore più vicino al Marlowe hard-boiled: è cinico, colto, pieno di riferimenti intertestuali e con un certo sarcasmo intellettuale. È un uomo comune, in balia di forze più grandi di lui, e parte del piacere del libro sta proprio nel vederlo barcamenarsi tra accademici, fanatici e pazzi.

Nel film, Johnny Depp lo interpreta con toni più minimalisti e ambigui. Meno ironico, più osservatore. Il suo percorso è meno intellettuale e più iniziatico, quasi come se fosse inconsapevolmente destinato a qualcosa di più grande. Una pedina che lentamente scopre di poter diventare re, o un’anima che attraversa l’inferno per uscirne trasfigurata.

Nel libro Corso è un razionalista invischiato in un gioco assurdo. Nel film è un viaggiatore oscuro, in un mondo dove il simbolo ha già vinto sulla parola.

3. La donna misteriosa: angelo, demone o cosplay mistico?

Nel film, il personaggio interpretato da Emmanuelle Seigner (accreditata solo come The Girl) è una presenza ultraterrena: cammina sull’acqua, è forte come un ninja e sembra sapere tutto. La sua natura è volutamente ambigua: è una guida spirituale, forse un demone, forse Lucifero stesso, o una sorta di Sophia gnostica. Incarnazione vivente della “nona porta”.

Nel romanzo, esiste una figura simile (una donna misteriosa che accompagna Corso), ma è molto più umana, ironica e, soprattutto, citazionista. Fa riferimenti letterari e cinematografici (è ossessionata dai moschettieri e si traveste come Milady). La sua ambiguità è più narrativa che soprannaturale.

Il film la trasforma in archetipo esoterico; il romanzo gioca invece con l’ambiguità culturale e letteraria.

4. Il tono: noir contro puzzle

Polański costruisce un film rarefatto, oscuro, dove il soprannaturale non solo è reale, ma agisce direttamente nella trama. Il ritmo è lento, quasi liturgico. È un’opera gotica e simbolista, che si prende sul serio.

Pérez-Reverte, al contrario, scrive un romanzo che è un gioco di specchi. Il soprannaturale è sempre messo in dubbio: ogni elemento può essere spiegato con la logica. Il tono è più ironico, a tratti postmoderno. Il suo Corso non combatte il diavolo, combatte i matti che ci credono troppo.

Il film è un rituale. Il libro è un gioco. Entrambi seducono, ma in modi diversi.

5. Il finale: la verità oltre la porta

Nel film, il finale è enigmatico e mistico. Corso trova la vera incisione mancante e varca finalmente la “Nona Porta”, tra fuochi e luci apocalittiche. È la rivelazione ultima, il compimento di un viaggio alchemico.

Nel libro, il finale è molto più ambiguo e umano. Non c’è una vera e propria “porta”, né una certezza che tutto fosse reale. La ricerca si conclude, ma resta nel dubbio se si sia trattato solo di un delirio collezionistico e criminale, o di qualcosa di più.

Il film chiude con l’illuminazione. Il libro con il dubbio.

In sintesi: due strade per l’inferno

Elemento Film: La Nona Porta Libro: Il club Dumas
Focus Occulto, rituale, simbolismo Letteratura, cultura, doppia trama
Corso Viaggiatore iniziatico Detective culturale
Donna misteriosa Entità ultraterrena Giocatrice letteraria
Tono Gotico e oscuro Ironico e postmoderno
Finale Mistico e aperto Ambiguo e razionale

Due opere complementari

Il film e il romanzo sono parenti, ma non gemelli. La Nona Porta è un viaggio alchemico nel cinema esoterico. Il club Dumas è un labirinto intertestuale da leggere con lente e matita. Uno seduce col silenzio, l’altro con l’erudizione. Entrambi però ci ricordano che i libri possono contenere molto più del previsto… e che il vero inferno, spesso, è il desiderio umano di sapere troppo.