C’è una poesia oscura e spietata nello spazio, e We Only Find Them When They’re Dead — creato dallo scrittore Al Ewing (celebre per il suo lavoro su Immortal Hulk) e dall’illustratore Simone Di Meo (già noto per Power Rangers e Future State: Harley Quinn) — ne fa il proprio credo estetico e narrativo. Pubblicata da BOOM! Studios a partire dal 2020, questa serie è uno dei più audaci esperimenti di space opera degli ultimi anni, capace di mescolare mitologia, critica sociale e tragedia personale in un futuro luminoso solo in superficie.

L’idea che scuote il cosmo

Nel mondo di We Only Find Them When They’re Dead, l’umanità sopravvive grazie alla raccolta delle risorse biologiche… dei cadaveri degli dèi. Gigantesche divinità galleggiano nel vuoto interstellare, morte e mute, e vengono sezionate da navi automatizzate per estrarne ogni possibile materia prima: carne, ossa, occhi, organi, energie. È un’economia sacrificale, ma a parti invertite: sono gli uomini a nutrirsi degli dèi, non il contrario.

Il protagonista, Georges Malik, è il capitano di una nave di recupero. Ma Malik non si accontenta: è spinto da un’ossessione, trovare un dio vivo. Superare il confine, cercare l’origine, dare senso a una galassia dove il sacro è ridotto a merce. Il suo viaggio diventa il motore della serie: una odissea personale che sfida i limiti della fede, della scienza e della libertà.

Disegni come visioni

Il tratto di Simone Di Meo è un altro universo. Le sue tavole sembrano galassie esplose su carta: colori saturi, neon vividi, composizioni spezzate e cinematiche. Ogni pagina è un delirio controllato che amplifica la narrazione. Le astronavi sembrano pesci abissali, gli dèi ricordano reliquie barocche, e lo spazio si muove come un liquido cosmico. Il lettering stesso è parte del respiro narrativo.

Temi e visioni

Dietro il fascino sci-fi si nasconde una riflessione filosofica e morale:

  • La religione come necessità: quando il mistero diventa routine, serve un nuovo profeta.
  • La morte come risorsa: cosa resta del sacro quando lo si seziona?
  • L’identità come costrutto: Malik e gli altri personaggi si trasformano, vengono deformati dal tempo e dalle narrazioni.
  • La critica del capitalismo: persino gli dèi vengono sfruttati. Letteralmente.

Personaggi principali

Le anime perdute nello spazio sacrificale

Georges MalikIl Cercatore

Capitano della nave Vihaan II. È ossessionato dall’idea di trovare un dio vivo. È un uomo spezzato dal sistema, dalla morte della sua famiglia e da una fede che si è trasformata in ossessione. Figura tragica e mitica, è il Prometeo della storia.

Ella HauerLa Medica

Dottoressa e scienziata della Vihaan II. Leale a Malik, ma sempre in bilico tra razionalità e empatia. Simboleggia il tentativo di preservare l’umano in un contesto sempre più disumanizzato.

Alice WirthL’Ingegnere

Responsabile tecnica della nave. Silenziosa, riservata, ma determinata. Incarna il pragmatismo, ma nasconde un cuore poetico. È la spina dorsale della missione.

Jason HauerIl Fratello Guerriero

Fratello di Ella. Pilota e soldato, tormentato da un passato violento. Conflittuale ma devoto. La sua aggressività è una corazza.

Paula RichterL’Inseguitrice

Agente del Collective Security Directorate, ex compagna di Malik, trasformatasi in sua nemesi. Fanatica del controllo, del dovere. Se Malik è il ribelle romantico, lei è l’autorità diventata religiosa. Iconica e inquietante.

Un’opera in quattro atti

La serie si articola in quattro archi narrativi, ognuno con una forte identità tematica e visiva:

  1. Book One: The Seeker (2020–2021)
    Introduce Malik e il suo equipaggio. Il tono è epico e claustrofobico. La tensione con la legge spaziale, incarnata nell’agente Richter, esplode in un inseguimento al limite del mito.
  2. Book Two: The Prophet (2021–2022)
    Salto temporale: Malik è scomparso e una nuova religione è sorta attorno alla sua figura. Qui l’opera si fa riflessione politica sul potere e la fede. L’umanità adora i cadaveri come reliquie e ogni nave è un tempio.
  3. Book Three: The Return (2022–2023)
    Si indaga il destino di Malik e il significato profondo degli dèi. L’identità viene smontata e ricostruita. Le pagine si fanno visionarie, distorte, fluttuanti come sogni lucidi.
  4. Book Four: The End (2023–2024)
    La serie chiude il cerchio con una riflessione cosmica sul tempo, la morte e la divinità. Senza spoilerare, basti dire che è un finale alla 2001: Odissea nello Spazio, che rifiuta la banalità e abbraccia l’enigma.

BOOK ONE: THE SEEKER

Il viaggio oltre il confine

Inizia tutto con la routine: la Vihaan II raccoglie organi da un cadavere divino. Ma Georges Malik ha un piano: superare il limite imposto dalle autorità galattiche e cercare un dio vivo. L’inseguimento della Richter comincia. Lo spazio, qui, è claustrofobico, anche se sconfinato. È il regno della legge e del profitto.
Il tono è quello del thriller mistico: ogni scelta è carica di peso esistenziale, ogni pagina è un lancio verso l’abisso.

Temi forti: disobbedienza, ricerca del significato, nascita del mito.

BOOK TWO: THE PROPHET

Il culto del morto vivente

Anni dopo. Malik è scomparso, ma la sua leggenda vive. Le sue parole sono diventate vangelo. Il mondo si è diviso in sette religiose, ognuna legata a un aspetto degli dèi morti. I cacciatori sono ora sacerdoti, i cadaveri degli dèi sono altari.
Nuovi personaggi emergono, mentre le conseguenze della ribellione iniziale si diffondono come onde gravitazionali. La Richter diventa una sorta di inquisitrice.

Temi forti: religione, controllo ideologico, trasformazione del mito in potere.

BOOK THREE: THE RETURN

Chi è tornato? E in che forma?

Malik ritorna… o qualcosa che dice di essere lui. Ma nulla è più lineare. La realtà si piega, il tempo è spezzato. Questo arco è il più sperimentale e visionario, con una narrazione quasi onirica e flashback intrecciati. La domanda non è più dove o quando, ma perché.
Qui esplodono le ambiguità: Malik è un uomo, un’idea o un’entità?

Temi forti: identità, riscrittura della realtà, fede come manipolazione e resurrezione.

BOOK FOUR: THE END

La risposta è nella domanda

Il finale abbandona la struttura classica. L’opera si fa pura allegoria cosmica. C’è la sensazione che tutto sia già accaduto infinite volte. Il destino dell’umanità è legato all’esistenza stessa degli dèi. Malik non è più un uomo, ma un concetto che trascende.
Il finale non chiude, ma spalanca: come i grandi racconti mitologici, suggerisce che ogni fine è un inizio.

Temi forti: ciclicità, divinità come astrazione, trascendenza del tempo e dello spazio.

Eredità e futuro

We Only Find Them When They’re Dead è già destinato a diventare un culto. Non solo per la sua scrittura coraggiosa e la sua estetica unica, ma perché riesce dove molte opere spaziali falliscono: non cerca di spiegare tutto, ma di evocare. È figlio di Moebius, di Grant Morrison, di Clarke, ma è anche radicalmente moderno, perfettamente cosciente dei limiti (e delle ipocrisie) del nostro tempo.

We Only Find Them When They’re Dead non è solo un fumetto di fantascienza. È un’elegia per il divino perduto, una critica feroce del presente, e una visione grafica che ti perfora gli occhi per farti vedere meglio. Se cerchi qualcosa che ti lasci con più domande che risposte, ma con la sensazione di aver toccato qualcosa di immenso… questo è il tuo viaggio.