Quando il cinema e la serialità televisiva sembrano troppo spesso piegarsi a logiche industriali, Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities si erge come una dichiarazione d’amore all’immaginazione libera, alla creatività artigianale e al terrore autentico. Andata in onda per la prima volta nel 2022, questa antologia horror voluta, curata e in parte sceneggiata dallo stesso Guillermo del Toro si presenta come un’opera stratificata e raffinata, capace di risvegliare nel pubblico il senso di meraviglia e di orrore che sembrava essersi assopito.

Il progetto si richiama idealmente alla grande tradizione delle antologie televisive, da The Twilight Zone a Night Gallery, aggiornandone però la sensibilità visiva e tematica per parlare agli spettatori contemporanei senza mai sacrificare la profondità narrativa.

La Forma: Una Scatola delle Meraviglie

Ogni episodio di Cabinet of Curiosities è introdotto da Guillermo del Toro stesso, che appare in scena come un moderno anfitrione gotico, presentando brevemente il tema e l’autore del racconto. Questo semplice espediente non è una mera formalità: è un modo per restituire al pubblico l’idea che ogni storia sia un oggetto unico, prezioso e irripetibile, custodito in un ideale museo del fantastico e del terribile.

La cura estetica è assoluta. Ogni episodio è affidato a un regista diverso, molti dei quali provenienti dal cinema di genere più innovativo, e ciascuno imprime la propria impronta stilistica pur restando fedele al tono generale della serie. Le scenografie, i costumi, la fotografia: tutto concorre a creare un’esperienza sensoriale che richiama le grandi produzioni d’autore più che le convenzioni televisive.

I Temi: L’Umano e il Mostruoso

Al cuore di Cabinet of Curiosities vi è una riflessione costante sulla natura del mostro. Come nella miglior tradizione horror, il soprannaturale è spesso una metafora delle paure più intime, delle ossessioni private, dei peccati nascosti.

Episodi come The Autopsy diretto da David Prior, tratto da un racconto di Michael Shea, esplorano il confine tra il corpo e l’ignoto, fondendo orrore cosmico e indagine scientifica. Graveyard Rats, firmato da Vincenzo Natali, rilegge invece l’ossessione per il possesso e la decadenza con una crudezza che sfiora il grottesco.

Non mancano i richiami alla tradizione letteraria più alta: due episodi si ispirano direttamente ai racconti di H.P. Lovecraft, maestro riconosciuto da del Toro. Pickman’s Model, diretto da Keith Thomas, e Dreams in the Witch House, ad opera di Catherine Hardwicke, traducono in immagini la visione lovecraftiana di un universo indifferente, dove l’uomo è una creatura effimera destinata alla follia.

Altri episodi giocano invece su registri differenti, alternando il macabro alla malinconia, l’orrore corporeo all’angoscia psicologica, costruendo così un mosaico ricco e sfaccettato che riflette tutta la complessità del genere.

Gli Artigiani del Terrore: Registi e Attori

Una delle scelte più felici di Cabinet of Curiosities è stata quella di affidare ogni episodio a mani esperte e appassionate. Oltre ai già citati Natali, Prior, Thomas e Hardwicke, la serie si avvale di registi come Ana Lily Amirpour (A Girl Walks Home Alone at Night), Panos Cosmatos (Mandy), Jennifer Kent (The Babadook) e Guillermo Navarro, storico direttore della fotografia di del Toro stesso.

Questa coralità registica consente alla serie di spaziare tra stili e sensibilità diverse pur mantenendo una coerenza tematica.

Gli attori, da parte loro, contribuiscono in modo decisivo alla riuscita dell’impresa. F. Murray Abraham, Rupert Grint, Crispin Glover, Andrew Lincoln e molti altri offrono interpretazioni intense e misurate, lontane dalle caricature spesso associate al genere horror, restituendo ai personaggi una complessità emotiva che li rende inquietantemente reali.

La Tradizione e l’Innovazione

Cabinet of Curiosities non è un semplice omaggio al passato, ma una vera e propria rifondazione del genere antologico. Del Toro, che da sempre intreccia nostalgia e innovazione nelle sue opere, costruisce qui un ponte ideale tra la sensibilità estetica di un mondo che non c’è più e le inquietudini di un presente incerto e frantumato.

Ogni racconto diventa così una piccola parabola morale, un’esplorazione dei limiti dell’umano di fronte al mistero e alla paura. Non si tratta soltanto di spaventare, ma di interrogare, di insinuare dubbi, di evocare domande che non sempre trovano risposta.

In un’epoca che tende a banalizzare la paura, riducendola a consumo immediato, Cabinet of Curiosities restituisce al terrore il suo statuto di esperienza esistenziale fondamentale. Come nella miglior tradizione gotica, il mostro non è altro che un riflesso deformato dell’uomo.

Un Dono Prezioso

Guillermo del Toro’s Cabinet of Curiosities si impone come una delle più nobili imprese horror degli ultimi anni. Una serie che ha il coraggio di essere lenta, visionaria, cerebrale quando serve, sanguinaria quando necessario, ma mai gratuita, mai fine a se stessa.

È un’opera che riconcilia il passato e il futuro, che ci ricorda che la paura autentica nasce non dall’effetto speciale, ma dal riconoscimento, anche fugace, di una verità profonda e disturbante su noi stessi.

In un panorama sempre più uniforme e prevedibile, il Cabinet di Guillermo del Toro rimane una stanza segreta, piena di tesori dimenticati, destinata a chi ha ancora il coraggio di aprirla senza sapere cosa troverà all’interno.

Episodi

Cabinet of Curiosities si struttura come una collezione eterogenea, in cui ogni episodio si fa eco di suggestioni letterarie, cinematografiche e folkloristiche.
Ogni racconto è autonomo, ma legato agli altri da una comune esplorazione dei confini della paura e dell’inconscio umano.

1. Lot 36

Regia: Guillermo Navarro
Sceneggiatura: Guillermo del Toro, da una storia originale

Origine: Storia inedita di Guillermo del Toro, scritta appositamente per la serie.

Analisi:
In questo racconto di ambientazione cupamente realistica, un uomo assetato di denaro acquista un magazzino abbandonato che cela oggetti appartenenti a un occultista nazista. La storia unisce l’orrore sociale alla dimensione sovrannaturale, suggerendo che il vero orrore nasce dall’avidità e dalla disumanizzazione.

2. Graveyard Rats

Regia: Vincenzo Natali
Sceneggiatura: Vincenzo Natali, basato sul racconto di Henry Kuttner

Origine: The Graveyard Rats (1936) di Henry Kuttner

Analisi:
Un ladro di tombe si imbatte in creature mostruose che infestano i cimiteri. Il racconto, breve ma potentissimo, viene trasposto con un approccio visivo che accentua l’angoscia claustrofobica. La discesa letterale nella terra diventa metafora di una discesa morale e psicologica verso la rovina.

3. The Autopsy

Regia: David Prior
Sceneggiatura: David S. Goyer, basato su un racconto di Michael Shea

Origine: The Autopsy (1980) di Michael Shea

Analisi:
Un medico legale si trova a fronteggiare una presenza aliena che infesta i corpi. L’orrore cosmico si fonde con il dramma personale della malattia e della decadenza fisica, in un crescendo di tensione che culmina in un epilogo tanto agghiacciante quanto tragico.

4. The Outside

Regia: Ana Lily Amirpour
Sceneggiatura: Haley Z. Boston, basato su un racconto di Emily Carroll

Origine: Some Other Animal’s Meat di Emily Carroll

Analisi:
Una donna insicura viene ossessionata dal desiderio di cambiare il proprio aspetto per conformarsi agli standard sociali. In questa storia, il body horror si intreccia a una critica feroce dell’alienazione contemporanea, in una rilettura moderna e disturbante dei temi della metamorfosi.

5. Pickman’s Model

Regia: Keith Thomas
Sceneggiatura: Lee Patterson, basato su un racconto di H. P. Lovecraft

Origine: Pickman’s Model (1927) di H. P. Lovecraft

Analisi:
Un pittore maledetto dipinge orrori indicibili che minano la sanità mentale di chi li osserva. La trasposizione visiva enfatizza la dissoluzione della realtà percettiva, rimanendo fedele all’idea lovecraftiana di un orrore che si annida non fuori, ma dentro l’esperienza sensibile stessa.

6. Dreams in the Witch House

Regia: Catherine Hardwicke
Sceneggiatura: Mika Watkins, basato su un racconto di H. P. Lovecraft

Origine: Dreams in the Witch House (1933) di H. P. Lovecraft

Analisi:
Un uomo cerca di salvare la sorella morta, attraversando dimensioni proibite. L’episodio accentua l’elemento melodrammatico e spirituale, trasformando l’orrore metafisico di Lovecraft in una tragedia personale sull’impossibilità di vincere la morte senza sacrificare se stessi.

7. The Viewing

Regia: Panos Cosmatos
Sceneggiatura: Panos Cosmatos e Aaron Stewart-Ahn, da una storia originale

Origine: Storia originale di Panos Cosmatos e Aaron Stewart-Ahn

Analisi:
Un gruppo di personaggi eccentrici viene invitato a contemplare una misteriosa reliquia aliena. In perfetta sintonia con lo stile visionario di Cosmatos, l’episodio è un trip psichedelico che fonde horror, fantascienza e simbolismo esoterico, costruendo un’esperienza ipnotica e disturbante.

8. The Murmuring

Regia: Jennifer Kent
Sceneggiatura: Jennifer Kent, basata su una storia di Guillermo del Toro

Origine: Soggetto originale di Guillermo del Toro

Analisi:
Una coppia in lutto si trasferisce in una casa infestata. L’episodio, intimo e doloroso, utilizza il soprannaturale come metafora del trauma irrisolto e della difficoltà del lasciar andare. Jennifer Kent, già autrice di The Babadook, orchestra una narrazione che parla più di perdita che di spavento, conferendo al finale una struggente potenza emotiva.

Una Sinfonia di Voci, Una Visione Unica

Analizzando il Cabinet of Curiosities nella sua interezza, si coglie immediatamente la volontà di Guillermo del Toro di creare non una semplice raccolta di racconti del terrore, ma un vero e proprio museo immaginario delle nostre paure più ancestrali.

La scelta di attingere a fonti letterarie, da Lovecraft a Emily Carroll, e di commissionare storie originali, denota una tensione continua fra memoria e innovazione. Ogni episodio è come un frammento di uno specchio infranto: insieme, questi frammenti disegnano il profilo inquietante e seducente dell’orrore in tutte le sue forme.

In un’epoca che sembra spesso dimenticare la forza del racconto breve come veicolo privilegiato del fantastico, Cabinet of Curiosities si impone come un richiamo, un manifesto, una celebrazione solenne della capacità della narrazione di rivelare, attraverso l’orrore, la fragilità e la grandezza dell’essere umano.