Amore, androidi e arance assassine

Dopo averci regalato l’incubo domestico Barbarian, i produttori tornano con qualcosa di completamente diverso ma altrettanto disturbante (e più glitterato): Companion, il nuovo sci-fi thriller che gioca con l’idea di relazioni artificiali, intelligenza personalizzabile e partner… un po’ troppo perfetti per essere umani.

Trama: Ti amo. Sto aggiornando. Ti uccido.

Iris (interpretata da Sophie Thatcher, già inquietante in Heretic) è un “companion robot”, una sorta di fidanzata su ordinazione con IA settabile da smartphone — Alexa ma in minigonna anni ’50. Viene portata dal fidanzato Josh (Jack Quaid, viscidamente adorabile) in un weekend al lago, nella villa di un amico ricco e inquietante. Sembra tutto idilliaco, ma la vera sorpresa non è che Iris è un androide: è che, come lei stessa narra in voiceover, il giorno più bello della sua vita è stato quello in cui ha conosciuto Josh… e il secondo è stato quello in cui l’ha ucciso.

Hot robots: una lunga tradizione sexy e sinistra

Dalla Maria di Metropolis (1927) alla Joi di Blade Runner 2049, passando per Gigolo Joe in A.I., l’immaginario dei “robot sexy” non è mai passato di moda. Ma Companion aggiunge un tocco contemporaneo, con la possibilità di regolare personalità e intelligenza tramite app: romanticismo 2.0 o distopia da incubo?

Il film omaggia subito The Stepford Wives con una scena d’apertura da finta pubblicità anni ’70: Iris con pettinatura da bambola e carrello in mano, occhi sognanti e un flirt con Josh tra le arance del supermercato. Ma sotto i sorrisi c’è un retrogusto metallico.

Dal thriller romantico alla fuga noir

Dopo una prima parte più satirica e visivamente vintage, il film cambia marcia. Iris scopre cosa c’è davvero dietro la sua relazione con Josh e si trasforma da bambola docile a ribelle in fuga, con 12 milioni di dollari, un gruppo di amici bizzarri alle calcagna, e un mullet russo che gestisce la villa.

Tra inseguimenti nel bosco, momenti pulp e tocchi da commedia nera, Companion perde volutamente ogni serietà per abbracciare un caos godibile. Menzione d’onore al duo Harvey Guillén e Lukas Gage, che danno il meglio come comic relief senza mai rubare la scena.

Non è profondo, ma è divertente

Non aspettarti una riflessione filosofica alla Her o un manifesto femminista alla Don’t Worry Darling. Qui l’obiettivo è chiaro: divertire, sorprendere, e far versare qualche goccia di sangue sintetico sul tappeto buono. L’intelligenza artificiale è solo il pretesto per parlare di relazioni tossiche e libertà personale, ma sempre con leggerezza e stile.

Curiosità extra:

  • Il design di Iris è ispirato alle hostess futuristiche degli anni ‘60, con tocchi retrò da bambola americana e un filo inquietante alla Westworld.
  • La regia è di Drew Hancock, che qui fa il suo debutto cinematografico con un tono volutamente camp, a metà tra Ex Machina e un episodio impazzito di Black Mirror.
  • Alcune sequenze ricordano lo stile di Under the Skin, con atmosfere silenziose, musica eterea e immagini che sembrano più sogni che scene di un film.

Companion non è un film per chi cerca profondità o nuove riflessioni filosofiche sull’intelligenza artificiale. È una satira estetica, pulp e robotica, un piccolo B-movie travestito da Barbie con il chip impazzito, che si lascia guardare con gusto e senza prendersi troppo sul serio.