Nel panorama horror del 2024, Heretic si distingue come una piccola, claustrofobica perla del terrore psicologico. Diretto e scritto da Scott Beck e Bryan Woods (già noti per A Quiet Place e 65), il film ci porta in un’unica ambientazione domestica — quasi una trappola teatrale — dove si consuma un duello tanto verbale quanto esistenziale.
Benvenuti all’inferno… con tè e torta
Due giovani missionarie mormoni, interpretate da Sophie Thatcher (Yellowjackets) e Chloe East (The Fabelmans), bussano alla porta dell’enigmatico Mr. Reed — un Hugh Grant che qui abbandona ogni patina da gentiluomo per incarnare un intellettuale disturbante, a metà strada tra Hannibal Lecter e un bibliotecario di Oxford col culto dell’orrore.
L’incontro inizia con il tono quasi da commedia: sorrisi, battute, discussioni di fede, perfino un accenno a una torta ai mirtilli che non arriverà mai. Ma presto le battute eccentriche (“C’è metallo nelle pareti, spero non sia un problema”) si trasformano in avvertimenti mascherati. Il pubblico è invitato a decifrare i segnali prima che sia troppo tardi — una tensione costruita con precisione chirurgica.
Un Grant senza freni e due protagoniste all’altezza
Grant è irresistibile: la sua performance è al tempo stesso familiare e straniante, perfettamente dosata tra il dandy goffo e il manipolatore sadico. È come vedere un vecchio amico diventare improvvisamente irriconoscibile.
Thatcher ed East, dal canto loro, evitano la trappola degli stereotipi religiosi e offrono due personaggi realistici e vulnerabili, con dialoghi brillanti che toccano persino temi inaspettati come la pornografia e la sessualità — argomenti trattati con un’ironia acuta e sottile.
Un horror per chi ama pensare (e soffrire lentamente)
Heretic non è un horror per tutti. È un “bottle movie”, un film che si svolge in un ambiente chiuso, e punta più sul disagio psicologico che su litri di sangue. Nella prima metà, la suspense è quasi insostenibile, con le regole della buona educazione usate come catene narrative: le protagoniste non riescono a fuggire perché “non sta bene” mancare di rispetto all’ospite. Geniale.
La seconda parte, più convenzionale, cede un po’ alla pressione del genere: il pericolo diventa più esplicito, e l’originalità si attenua leggermente. Il finale, pur inquietante, lascia aperte molte domande. Ma forse è proprio questo il punto: Heretic non vuole rassicurare, né spiegare troppo.
Curiosità extra:
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Il film si inserisce in una nuova ondata di horror minimalisti e filosofici, sulla scia di titoli come The Invitation, The Lodge o Resurrection.
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Hugh Grant ha dichiarato in un’intervista recente (Empire, ottobre 2024) che questo ruolo gli ha dato una libertà espressiva “più liberatoria di qualsiasi rom-com abbia mai fatto”.
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Il film è stato girato in appena 21 giorni, principalmente in una sola location — un dettaglio che amplifica l’effetto “camera della tortura intellettuale”.
Heretic è un’esperienza disturbante e stimolante, perfetta per chi cerca un horror che colpisca più la mente che lo stomaco. E Hugh Grant… beh, preparatevi a non guardarlo più con gli stessi occhi.