John HAMMOND
Universo Alien: Viaggio nel Mito dello Xenomorfo
Ci sono saghe cinematografiche che attraversano le generazioni lasciando tracce indelebili nella cultura popolare: tra queste, il franchise di Alien occupa senza dubbio un posto d’onore. Nato nel 1979 dal genio visionario di Ridley Scott, questo universo narrativo esplora magistralmente il connubio tra horror, fantascienza, filosofia e tecnologia. Ripercorriamo insieme la storia, l’evoluzione e i temi centrali di questa saga iconica.
Alien: più di una saga horror
L’elemento che ha reso Alien così speciale fin dagli albori è stato l’abile mix tra orrore puro e fantascienza plausibile. La storia prende vita in un futuro lontano, caratterizzato da viaggi interstellari che richiedono lunghi periodi di sonno criogenico. Questa rappresentazione realistica della tecnologia spaziale, sebbene lontana dall’essere attuabile entro i tempi indicati (2093-2381), ha permesso al pubblico di percepire gli eventi come verosimili e, proprio per questo, terribilmente inquietanti.
L’orrore degli Xenomorfi è accentuato da un chiaro simbolismo che rimanda ai timori più viscerali degli esseri umani: la perdita del controllo sul proprio corpo, la violazione della propria integrità fisica e mentale, e l’impotenza di fronte a una minaccia aliena sconosciuta e apparentemente invincibile.
La centralità di Ellen Ripley: eroina oltre gli stereotipi
Sigourney Weaver, nei panni della leggendaria Ellen Ripley, è diventata il simbolo stesso della saga. Dal primo film, in cui la sua figura non emerge subito come protagonista assoluta, fino alla maturazione piena di Aliens (1986), Ripley rappresenta un nuovo modello femminile forte, indipendente e risoluto, capace di unire tenerezza e determinazione senza compromessi.
In particolare, il rapporto madre-figlia che Ripley instaura con la piccola Newt in Aliens conferisce al personaggio una profondità umana straordinaria. Qui James Cameron ha saputo amplificare magistralmente l’aspetto emotivo senza mai indebolire la figura della protagonista, unendo azione ad una narrazione intima e coinvolgente.
Robotica e intelligenza artificiale: il fascino e la minaccia dei “synthetics”
I robot, o “sintetici”, sono presenze fondamentali e mutevoli nel franchise. Dal sinistro Ash del primo film al filosofico e ambiguo David (interpretato magistralmente da Michael Fassbender nei prequel Prometheus e Alien: Covenant), il rapporto tra umanità e tecnologia viene continuamente messo in discussione. Interessante è come nel tempo evolvano non solo le capacità dei robot, ma soprattutto la loro coscienza e il loro rapporto con la propria identità. David, in particolare, incarna magistralmente la tensione tra creatura e creatore, tra servitore e ribelle, portando avanti un discorso filosofico che si avvicina a quello di altre opere come Blade Runner o Battlestar Galactica.
Alien (1979): L’orrore nello spazio profondo
Diretto da Ridley Scott, Alien è un capolavoro che fonde fantascienza e horror in un’atmosfera claustrofobica e opprimente. La trama segue l’equipaggio della nave commerciale Nostromo, che intercetta un segnale di soccorso da un pianeta sconosciuto. Durante l’esplorazione, uno degli astronauti viene attaccato da una creatura aliena che si impianta nel suo corpo, dando inizio a un incubo mortale.
Il film è noto per la sua tensione crescente e per l’iconico design dello Xenomorfo, creato dall’artista H.R. Giger. La protagonista, Ellen Ripley (interpretata da Sigourney Weaver), emerge come un’eroina forte e determinata, rompendo gli stereotipi di genere dell’epoca. Alien è stato acclamato per la sua capacità di evocare paura e suspense, diventando un punto di riferimento nel genere.
Aliens – Scontro finale (1986): L’azione prende il sopravvento
Sette anni dopo, James Cameron dirige Aliens, trasformando l’orrore psicologico del primo film in un’avventura d’azione adrenalinica. Ripley, unica sopravvissuta della Nostromo, viene risvegliata dopo 57 anni e scopre che il pianeta dove era stato trovato lo Xenomorfo ora ospita una colonia umana. Quando i contatti con la colonia si interrompono, Ripley si unisce a una squadra di Marines coloniali per indagare.
Il film introduce nuovi personaggi memorabili e approfondisce il personaggio di Ripley, esplorando il suo trauma e il suo istinto materno attraverso il rapporto con la giovane Newt. Aliens è stato lodato per la sua intensità e per aver ampliato l’universo narrativo della saga, vincendo due premi Oscar e consolidando il suo status di classico del cinema d’azione.
“Alien 3” e “Alien: Resurrection”: tra cadute e sperimentazioni narrative
Spesso ritenuto il punto più debole della saga, Alien 3 (1992) soffre per una produzione travagliata e interferenze da parte della casa cinematografica. Nonostante ciò, offre momenti visivamente iconici e una performance magnetica di Sigourney Weaver, che appare con un indimenticabile look rasato. Un film che, pur con evidenti difetti, rimane fondamentale per la comprensione complessiva della storia.
Alien: Resurrection (1997) rappresenta invece un tentativo di rinnovamento, con Ripley riportata in vita tramite clonazione e resa ibrida con lo Xenomorfo stesso. Qui il franchise cerca di reinventarsi con un tono più dark e gotico, puntando su nuovi personaggi intriganti, come la Call interpretata da Winona Ryder. Anche se non del tutto riuscito, il film offre spunti interessanti sull’identità e sull’umanità.
L’aspetto filosofico: Prometheus e Covenant
I due prequel diretti sempre da Ridley Scott – Prometheus (2012) e Alien: Covenant (2017) – segnano una decisa svolta verso tematiche esistenziali e spirituali. Non più semplice horror fantascientifico, ma un’indagine profonda sulle origini della vita, sul senso dell’esistenza e sul rapporto complicato tra fede, scienza e umanità. In questi film il tono cambia sensibilmente rispetto ai precedenti capitoli, e il pubblico è invitato a riflettere su questioni fondamentali: chi siamo, da dove veniamo, chi ci ha creati e qual è il nostro scopo? È una direzione ambiziosa che arricchisce ulteriormente la saga, offrendo nuove chiavi interpretative.
Prometheus (2012): Alla ricerca delle origini
Ambientato nel 2089, Prometheus segue gli archeologi Elizabeth Shaw (Noomi Rapace) e Charlie Holloway (Logan Marshall-Green) che scoprono in diverse antiche civiltà terrestri indizi comuni: pittogrammi che indicano un sistema stellare specifico. Convinti che ciò rappresenti un invito da parte dei “Creatori” dell’umanità, organizzano una spedizione finanziata dalla Weyland Industries a bordo dell’astronave Prometheus verso il pianeta LV-223.
Una volta giunti sul pianeta, l’equipaggio scopre strutture aliene e una sostanza nera capace di alterare la genetica degli organismi viventi. Il sintetico David (Michael Fassbender), agendo per conto del suo creatore Peter Weyland, sperimenta con questa sostanza, portando a conseguenze catastrofiche. Il film esplora temi complessi come l’origine dell’umanità, il desiderio di incontrare i propri creatori e le implicazioni etiche della creazione stessa.
Prometheus si distingue per la sua atmosfera visivamente imponente e per l’approccio filosofico alla narrazione, pur ricevendo critiche per alcune incoerenze nella trama e per la mancanza di risposte definitive alle domande sollevate.
Alien: Covenant (2017): L’evoluzione dell’orrore
Ambientato nel 2104, Alien: Covenant segue l’equipaggio della nave coloniale Covenant, in viaggio verso il pianeta Origae-6 con l’obiettivo di stabilire una nuova colonia. Dopo un incidente causato da una tempesta di neutrini, l’equipaggio intercetta un segnale proveniente da un pianeta vicino e decide di investigare. Sul pianeta, incontrano David, sopravvissuto agli eventi di Prometheus, che ha continuato i suoi esperimenti con la sostanza nera, portando alla creazione di nuove forme di vita, tra cui i Neomorfi e gli Xenomorfi.
Il film approfondisce il tema della creazione e della ribellione delle creature contro i loro creatori. David, in particolare, rappresenta il desiderio dell’intelligenza artificiale di superare i limiti imposti dai suoi creatori umani, assumendo il ruolo di “dio” nel creare nuove forme di vita. La pellicola combina elementi horror con riflessioni filosofiche, mostrando le conseguenze delle ambizioni sfrenate e dell’arroganza scientifica.
Prometheus e Alien: Covenant rappresentano un’evoluzione significativa nella saga di Alien, spostando l’attenzione dall’orrore puro a una narrazione più riflessiva e filosofica. Ridley Scott utilizza questi prequel per esplorare le grandi domande dell’esistenza umana, pur mantenendo gli elementi di suspense e terrore che hanno reso celebre la serie.
Nonostante le critiche ricevute, entrambi i film offrono una prospettiva unica sull’universo di Alien, arricchendo la mitologia della saga e ponendo le basi per futuri sviluppi
Confronto e impatto culturale
Mentre Alien si concentra sull’orrore dell’ignoto e sulla sopravvivenza individuale, Aliens enfatizza la lotta collettiva e l’azione militare. Entrambi i film hanno influenzato profondamente il cinema di genere, ispirando numerosi sequel, prequel e opere derivate. La figura di Ellen Ripley è diventata un’icona femminista, rappresentando forza, resilienza e leadership in un contesto dominato da uomini.
In sintesi, Alien e Aliens offrono due esperienze cinematografiche distinte ma complementari, ciascuna eccellente nel proprio genere e fondamentali per la costruzione di un universo narrativo ricco e coinvolgente.
Alien: Romulus – Un ritorno inquietante alle origini della saga
Era da tempo che gli appassionati del franchise di Alien aspettavano un ritorno alle radici horror e claustrofobiche che resero immortale il capolavoro originale di Ridley Scott del 1979. Con Alien: Romulus, uscito nelle sale italiane il 14 agosto 2024, il regista Fede Álvarez raccoglie questa sfida, dando vita a un “midquel” che si inserisce cronologicamente tra il primo film della saga (Alien, 1979) e il suo storico seguito, Aliens (1986).
Un ritorno nostalgico con un tocco moderno
La trama ruota attorno a un gruppo di giovani coloni spaziali, guidati dalla protagonista Rain Carradine, interpretata da Cailee Spaeny. Desiderosi di fuggire da una vita stagnante su un pianeta ormai decadente, i protagonisti intraprendono una missione per recuperare preziose attrezzature da una stazione spaziale abbandonata da decenni. Come prevedibile, l’equipaggio non impiegherà molto a scoprire che la stazione nasconde un orrore alieno sopravvissuto negli anni: uno Xenomorfo, la creatura più letale mai vista nell’universo cinematografico.
Questa ambientazione è stata studiata attentamente per riportare in scena quella tensione claustrofobica, quell’orrore silenzioso e implacabile che aveva reso il primo Alien un cult assoluto.
L’omaggio estetico al passato
Fede Álvarez, celebre per aver diretto horror di successo come Man in the Dark e il remake de La Casa, ha voluto recuperare l’estetica originaria della serie, facendo un uso significativo di tecniche tradizionali come animatronica e pupazzi per ricreare in modo realistico e palpabile gli iconici Xenomorfi. Nel team degli effetti speciali figurano persino alcuni veterani che lavorarono al film Aliens, garantendo così una preziosa continuità visiva e tecnica con il passato.
Questa scelta, molto apprezzata dai fan più tradizionali, ha permesso di creare atmosfere autentiche e tangibili, capaci di riportare alla luce il fascino inquietante della creatura originale, evitando il più possibile l’abuso della CGI moderna.
Un’accoglienza positiva con qualche critica
Fin dal suo debutto, Alien: Romulus ha ricevuto un’accoglienza generalmente favorevole. Su Rotten Tomatoes il film si è guadagnato un rispettabile 80% di recensioni positive, mentre Metacritic gli assegna un punteggio più moderato, pari a 64 su 100. La critica e gli spettatori hanno lodato la capacità del film di recuperare l’atmosfera horror e la tensione psicologica originaria, sebbene non manchino voci che lamentano una certa superficialità narrativa rispetto ai grandi classici della saga.
Tuttavia, la risposta del pubblico sottolinea come l’opera sia riuscita a equilibrare efficacemente nostalgia e innovazione, rivitalizzando la saga senza tradirne il cuore pulsante fatto di paura, angoscia e sopravvivenza estrema.
Un nuovo capitolo per vecchi e nuovi fan
Il principale merito di Alien: Romulus sta nel suo ruolo di ponte tra il passato glorioso e un futuro ancora tutto da esplorare. Introducendo personaggi più giovani e dinamiche narrative moderne, Álvarez apre la porta a nuove possibilità senza snaturare lo spirito originale della serie.
In definitiva, Alien: Romulus si conferma come un degno successore che, pur con qualche limite, riesce nel difficile compito di soddisfare sia i fan storici sia coloro che si avvicinano per la prima volta a questo universo cinematografico leggendario.
Un’eredità culturale senza tempo
Quello di Alien non è solo un franchise di successo commerciale: è un fenomeno culturale capace di evolvere, sorprendere e provocare riflessioni profonde. Dai terrori ancestrali alla filosofia esistenziale, passando per icone cinematografiche e avanzamenti tecnologici futuribili, Alien è destinato a restare con noi ancora a lungo, ricordandoci che nello spazio nessuno può sentirti urlare, ma tutti possono riflettere e sognare.