Nel panorama musicale degli anni ’90, pochi gruppi hanno lasciato un’impronta così profonda e duratura come i The Smashing Pumpkins.
Originari di Chicago, la band ha saputo mescolare sonorità alternative rock con influenze gothic, metal e psichedeliche, creando un sound unico e riconoscibile.
Le origini e l’ascesa al successo
Formati nel 1988 da Billy Corgan (voce e chitarra) e James Iha (chitarra), ai quali si unirono D’arcy Wretzky (basso) e Jimmy Chamberlin (batteria), i The Smashing Pumpkins iniziarono a farsi conoscere nella scena underground di Chicago. Il loro album di debutto, Gish (1991), fu ben accolto dalla critica e gettò le basi per il loro stile distintivo.
Il vero successo arrivò con Siamese Dream (1993), un album che, nonostante le difficoltà durante la registrazione, vendette oltre 6 milioni di copie e consolidò la loro fama a livello mondiale. Brani come “Cherub Rock”, “Today” e “Disarm” divennero rapidamente iconici.
Il capolavoro: Mellon Collie and the Infinite Sadness
Nel 1995, la band pubblicò Mellon Collie and the Infinite Sadness, un ambizioso doppio album che esplorava una vasta gamma di emozioni e stili musicali. Il disco debuttò al primo posto nella classifica Billboard 200 e fu certificato disco di diamante dalla RIAA. Brani come “1979”, “Tonight, Tonight” e “Bullet with Butterfly Wings” sono ancora oggi considerati tra i migliori della band.
Cambiamenti e sperimentazioni
Dopo il successo di Mellon Collie, la band affrontò diversi cambiamenti. L’album Adore (1998) segnò una svolta verso sonorità più elettroniche e malinconiche, influenzate anche dalla morte della madre di Corgan. Nonostante le critiche positive, le vendite non furono all’altezza delle aspettative.
Nel 2000, con Machina/The Machines of God e Machina II/The Friends & Enemies of Modern Music, la band cercò di ritrovare le radici rock, ma le tensioni interne portarono allo scioglimento del gruppo nello stesso anno.
La rinascita e i progetti recenti
Nel 2006, Corgan e Chamberlin si riunirono per registrare Zeitgeist, segnando il ritorno dei The Smashing Pumpkins. Negli anni successivi, la band pubblicò diversi album, tra cui Oceania (2012) e Monuments to an Elegy (2014), esplorando nuove direzioni musicali.
Nel 2018, con il ritorno di James Iha, la band pubblicò Shiny and Oh So Bright, Vol. 1 / LP: No Past. No Future. No Sun., seguito da Cyr (2020), che introdusse elementi synth-pop nel loro sound. Il progetto più recente, Atum: A Rock Opera in Three Acts (2022–2023), è un’opera rock ambiziosa composta da 33 tracce, distribuite in tre atti.
Formazione attuale
- Billy Corgan – voce, chitarra
- James Iha – chitarra
- Jimmy Chamberlin – batteria
- Kiki Wong – chitarra (dal 2024)
- Jack Bates – basso (in tournée)
- Katie Cole – tastiere, chitarra, cori (in tournée)
Eredità e impatto culturale
Con oltre 30 milioni di album venduti in tutto il mondo, i The Smashing Pumpkins hanno lasciato un segno indelebile nella storia del rock alternativo. La loro capacità di reinventarsi e sperimentare nuovi suoni ha ispirato numerosi artisti e continua a influenzare la musica contemporanea.
The Smashing Pumpkins: tra malinconia e distorsione, luce e ombra
Nel cuore del Midwest, quando gli anni ’80 lasciavano il posto a un decennio più cinico e sonoro, una band emerse dal ventre creativo di Chicago per cambiare il volto del rock alternativo.
I Smashing Pumpkins, con la loro miscela di furia distorta, poesia gotica e sensibilità pop, hanno attraversato generazioni e tendenze senza mai perdere l’anima.
Billy Corgan, con la voce nasale e il carisma da predicatore postmoderno, ha guidato la navicella attraverso tempeste elettriche e vuoti cosmici.
Gish (1991)
Il primo colpo. Una pietra lanciata nello stagno placido del rock alternativo. Prodotto da Butch Vig, Gish mescola l’aggressività dello shoegaze con spunti psichedelici e riff che odorano di Black Sabbath. “Siva” è un mantra elettrico, “Rhinoceros” una spirale cosmica. Non ancora un capolavoro, ma un manifesto.
Siamese Dream (1993)
Questo è l’album che ha messo i Pumpkins sulla mappa. Registrato in un’atmosfera tesa (Corgan suonò quasi tutte le parti di chitarra da solo), è un disco perfettamente imperfetto. “Cherub Rock” esplode, “Today” è dolce e devastante, “Disarm” è un’ode al trauma. È fragile, furioso, e ancora oggi suona come il cuore spezzato dell’America anni ’90.
Mellon Collie and the Infinite Sadness (1995)
Un doppio album per dominare tutti. Trentotto tracce, due ore di musica, e ogni emozione possibile. Da “Tonight, Tonight” a “Zero”, da “1979” a “Thru the Eyes of Ruby”, è un romanzo rock che abbraccia il barocco e l’apocalisse. Disco di diamante, capolavoro assoluto. I Pumpkins non sono mai stati così ambiziosi, e ci sono riusciti.
Adore (1998)
Addio batteria, benvenuta malinconia elettronica. Dopo l’uscita (temporanea) di Jimmy Chamberlin, Corgan si tuffa in un mare sintetico e notturno. “Ava Adore” è un rituale oscuro, “Perfect” un pop perfetto, “For Martha” un’elegia per la madre. Non fu capito subito, ma è un diamante nero.
Machina/The Machines of God (2000)
Un’opera concettuale, densa, troppo compressa nella produzione ma ricca di spunti. “The Everlasting Gaze” è rabbia industriale, “Stand Inside Your Love” una delle loro ballate più intense. È il canto del cigno prima dello scioglimento. Grandioso, ma caotico.
Machina II/The Friends & Enemies of Modern Music (2000)
Distribuito gratis, con suoni grezzi e ruvidi. Una dichiarazione punk di libertà, con tracce come “Let Me Give the World to You” e “Home”. È lo spirito libero dei Pumpkins, lontano dai riflettori.
Zeitgeist (2007)
Ritorno con rabbia. Dopo la pausa, Corgan torna con Chamberlin. L’album è politico, rumoroso, e a volte eccessivo. “Doomsday Clock” e “Tarantula” suonano come un urlo in una tempesta di cemento. Non perfetto, ma sincero.
Oceania (2012)
Parte del progetto incompiuto “Teargarden by Kaleidyscope”, è un ritorno alla forma. “The Celestials” incanta, “Pinwheels” avvolge. Un disco maturo, coeso, che segna un nuovo capitolo con una nuova formazione.
Monuments to an Elegy (2014)
Breve, diretto, pieno di synth. Tommy Lee alla batteria, per dare botta. “Being Beige” è dolce-amara, “Drum + Fife” richiama i migliori momenti di Adore. Non fa rumore, ma scava.
Shiny and Oh So Bright, Vol. 1 (2018)
Con Iha e Chamberlin di nuovo a bordo, i Pumpkins si mettono a fare quello che sanno meglio: alternanza tra pesantezza e sogno. “Solara” è un pugno, “Silvery Sometimes (Ghosts)” è zucchero e spettri. Promettente, ma si ferma troppo presto.
Cyr (2020)
Corgan scivola nel synth-pop anni ’80. “Ramona” e “Anno Satana” flirtano con l’elettronica gotica. Troppo lungo, troppo uniforme, ma affascinante nel suo tentativo di metamorfosi.
Atum: A Rock Opera in Three Acts (2022–2023)
33 tracce, tre atti, una rock opera per chi ha ancora tempo e pazienza. Collegamento diretto con Mellon Collie e Machina. Complesso, ambizioso, a tratti prolisso. Ma c’è bellezza in mezzo al caos. Solo Corgan poteva osare tanto.
Aghori Mhori Mei (2024)
Ultimo sforzo discografico, meditativo e spirituale. “Sighommi” è un mantra, “Pentecost” una visione in sogno. I Pumpkins non hanno più paura del silenzio, e lo usano come arma poetica. Un disco che chiude un cerchio, o forse lo apre.
I Smashing Pumpkins non sono solo una band. Sono un linguaggio emotivo. Una contraddizione in musica. Billy Corgan è un alchimista rock, odiato e amato, ma mai ignorato. Dagli amplificatori roventi di Siamese Dream alla rarefatta spiritualità di Aghori Mhori Mei, questo gruppo ha suonato ogni emozione, ogni notte insonne, ogni rinascita. E se la tristezza è un carburante, i Pumpkins ne sono stati il motore supersonico.