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Francesco Esposito

L’orrore di Dunwich è uno dei racconti più importanti dell’autore all’interno del famoso ciclo di Chtulu. La sfida di Tanabe, in questo adattamento, era quella di dare una veste grafica agli orribili mostri raccontati dallo scrittore americano.

La storia è ambientata nell’omonimo paesino, nel Massachussets: un villaggio sperduto che sembra essersi cristallizzato nel tempo, in cui succedono cose decisamente strane. Questi eventi paranormali sembrano tutti essere legati alla misteriosa famiglia Whateley. Il compito del protagonista Armitage è quello di risalire alla ragione di questi eventi.

L’ambientazione è decisamente uno dei punti di forza del fumetto. La realizzazione di questo arretrato villaggio rurale e dei suoi abitanti è stata fatta grazie ad un grande lavoro del suo autore, che ha deciso di viaggiare molto alla ricerca dell’ispirazione giusta. Ricorda molto le atmosfere del film The Witch di Robert Eggers, con cui ha alcuni punti in comune. Tutte le creature che abitano questo confine sono inconsciamente assalite da una maledizione di disperazione.

La storia è ben scritta: il voler venire a capo di questa intricata questione spingerà i lettori a continuare e completare la serie. Le informazioni vengono distillate con il contagocce, ma quando si capiscono alcune cose si intensifica la paura. Un piccolo difetto è che alcuni momenti della narrazione sono un po’ didascalici, ma facilmente superabili.

Il protagonista nominale della storia è il dottor Armitage, un buon personaggio a cui però viene rubata la scena dalla famiglia Whateley. Tutti i suoi membri si comportano come un’unica entità che segue uno scopo: è impossibile non rimanere affascinati già dall’apparizione iniziale del patriarca nelle prime pagine. I loro riti pagani attorno al fuoco, le dicerie che girano nel villaggio generano incertezza (non si capisce se sia la realtà o meno) e fanno crescere il desiderio di conoscenza. È come se l’autore volesse spingerci a penetrare – insieme al protagonista – nell’angusta casa di questi personaggi per riuscire a comprendere quale oscuro segreto nascondono.

L’orrore permea ogni pagina del fumetto, anche quelle che sembrano più innocue. I mostri provocano grande ribrezzo e disgusto per le loro orribili fattezze, ma la componente orrorifica non si ferma qui: perché dietro questa paura apparente si nasconde il vero e proprio terrore dettato da questioni esistenziali che mettono al centro l’uomo.

L’essere umano, una creatura così sicura della sua egemonia sulla Terra, viene messo in discussione da forze sconosciute e inconcepibili – e questo spostare l’uomo da una posizione privilegiata della storia ad una invece in cui è quasi succube, non può passare facilmente senza sconvolgere.

L’impossibilità di conoscere tutto è forse la sua più grande condanna ad un declino impossibile da fermare.

Il disegno di Tanabe è estremamente efficace nella rappresentazione dei corpi delle immonde creature rappresentate. Si nota una grande cura nei dettagli che conferiscono un’aura orripilante: l’autore riesce quasi a far sentire la loro puzza dalle pagine (la componente olfattiva è molto importante). Una piccola nota negativa è che alcune tavole sono un po’ approssimate e la realizzazione degli occhi dei personaggi è estremamente particolare. Il disegno però raggiunge l’apice nelle splash pages, dove l’autore realizza dei veri e propri quadri.

 

 

Questa serie è consigliata a tutti gli amanti dell’orrore. Non serve conoscere le altre serie di Tanabe e nemmeno le storie di Lovecraft: è particolarmente adatta anche ai primi approcci. L’interessante lavoro di adattamento del mangaka permette di dare nuova vita a dei racconti immortali, facendoli conoscere anche ad una tipologia di pubblico differente e soprattutto nuovo.

I racconti di Lovecraft risvegliano nell’uomo paure primordiali che vengono ignorate nella quotidianità, ma si ripresentano quando si ricorda quanto piccolo e impotente sia l’essere umano e quanto poco conosce dell’universo.